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venerdì 5 gennaio 2024

Giuditta

C’era una volta, e c’è ancora, un folto bosco proprio ai piedi di una maestosa montagna. Per molti giorni aveva nevicato e il bosco aveva assunto un aspetto magico. Sui rami spogli di maggiociondoli, faggi e castagni erano fioriti piccoli fiori di neve. La neve abbondante caduta sugli abeti pareva panna montata e spingeva i rami più bassi a toccare terra. Tutto intorno c’era un grade silenzio, non si sentiva neppure un cinguettio. Cince, pettirossi, fringuelli avevano cercato riparo nel folto degli abeti, in attesa di scorgere un raggio di sole. Piccole orme d’una lepre indaffarata avevano lasciato traccia di un sentiero nella neve alta.

In quel bosco c’era un castagno centenario dal tronco solido e dalla circonferenza così ampia che per abbracciarlo occorrevano cinque o sei uomini adulti. Le radici contorte e nodose si diramavano sopra e sotto la terra, intrecciandosi tra loro. A ben osservare tra una radice e l’altra c’era come un tunnel profondo e scuro …

In quel luogo abitava Giuditta. Chi è Giuditta? chiederete voi bambini. Giuditta era una vecchia gnoma che aveva imparato da sua madre a cercare le erbe curative nel bosco ed a preparare medicine, tisane e pozioni varie. Se un piccolo gnomo del villaggio aveva il mal di denti lei lo curava subito con le sue erbe. Giuditta, come del resto tutti gli gnomi, amava molto la natura e ne aveva cura. Ed i suoi vestiti erano sempre molto colorati: si era cucita una gonna lunga color del sole, una camicia bianca come la luna, un cappello a punta verde come le piante che raccoglieva nel cestino, che portava sempre con lei.

Giuditta era stata cacciata dal villaggio ed aveva trovato riparo ed una nuova casa proprio sotto il castagno centenario. Ora vi racconto perché, due anni prima, aveva dovuto lasciare il villaggio. Era inverno e faceva molto freddo così moltissimi abitanti si erano ammalati. Giuditta aveva cercato di curarli come meglio poteva ma, ad un certo punto, le sue erbe medicinali avevano cominciato a scarseggiare. Così quando anche Davide, il capo del villaggio, sua moglie Vera e suo figlio Benjamin si erano ammalati, lei aveva fatto tutto quello che poteva per curarli. Vera però aveva continuato ad aggravarsi ed era morta.

Davide non si rassegnava alla perdita e aveva accusato Giuditta di non averla curata bene. “Non hai salvato mia moglie – le aveva gridato – non voglio vederti mai più. Vattene via dal villaggio e non tornare più!”

Cammina e cammina aveva trovato il grande castagno e scoperto che sotto le radici c’era uno spazio abbastanza grande per vivere e lì era rimasta. Ogni primavera, estate ed autunno usciva a cercare le sue amate piante. In groppa alla sua amica lepre raggiungeva i luoghi più lontani. In inverno stava chiusa nella sua casetta ma era molto triste, perché si sentiva sola.

Quell’inverno qualcuno bussò con insistenza alla sua porticina. “Chi è?” aveva chiesto. “Sono Benjamin, il figlio del capo villaggio, ti prego apri la porta.” Giuditta aveva aperto la porta: “Come mai stai bussando alla mia porta?” aveva chiesto, preoccupata. “Ti prego, devi venire con me al villaggio, mio padre sta molto male e nessuno è in grado di curarlo. Abbiamo bisogno di te.” Giuditta non se lo fece ripetere due volte e, preso il cestino con le sue erbe e le tisane s’affrettò a seguirlo.

Quando Davide la vide si fece scuro in volto e con un filo di voce le disse: “Cosa sei venuta a fare, qui?” “Sono qui per curarti, se me lo permetti” rispose lei. Il capo villaggio ma voltò il capo da un’altra parte senza dire più nulla, perché faceva fatica a parlare. Benjamin intervenne: “Papà, devi permettere a Giuditta di curarti, ti prego. Io ho bisogno di te e anche tutti gli abitanti del villaggio vogliono che tu guarisca.” Commosso da quelle parole Davide, sorrise al figlio, e si decise a prendere la medicina che Giuditta aveva preparato per lui. Dopo qualche giorno di cure amorevoli, Davide si sentì meglio e riuscì ad alzarsi dal letto e ad affacciarsi alla finestra per salutare gli abitanti del villaggio.

Poi chiamo Giuditta e le disse: “Ti ringrazio per avermi curato e ridato la salute. Tu sei davvero una brava persona ed io devo chiederti scusa per averti cacciato dal villaggio. Qui c’è un gran bisogno della tua presenza e vorrei che tu tornassi a vivere con tutti noi.” “Non preoccuparti – rispose Giuditta – ogni volta che ci sarà bisogno di me tornerò. Però preferisco restare nella mia casetta nel bosco e voi potete venire a trovarmi ogni tanto, se volete. Là, io potrò continuare a raccogliere, tutti i giorni, le erbe che servono a curare.”

Preso il suo cestino sottobraccio, con il sorriso sulle labbra, lentamente s’avviò verso casa.

(13 gennaio 2021)






Bosco Sacro di Brissago

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